La nascita del rugby

Leggenda vuole che il rugby sia nato il primo novembre 1823, sul prato della Rugby School, nell’omonima cittadina del Warwickshire inglese, durante una partita di calcio, quando lo studente William Webb Ellis ha raccolto il pallone con le mani e si è messo a correre verso la porta avversaria.

Si tratta di un episodio noto a tanti, anche a chi non è propriamente un appassionato dello sport con la palla ovale. Quello che invece molti non sanno è che il football giocato all’epoca non era il calcio che tutti noi conosciamo. Quasi due secoli fa il “football” era tutt’altra cosa. Con quel termine, infatti, non si intendeva necessariamente un gioco in cui ci fosse un pallone da calciare. Football era la contrazione dell’espressione “to play at ball on foot”. Si trattava, quindi, di un gioco, praticato soprattutto da artigiani e contadini, “a piedi”, che si poneva in contrapposizione ai giochi dei nobili, che per i loro sport utilizzavano i cavalli.

Anche il gesto di Webb Ellis, quel prendere il pallone con le mani, non era un qualcosa di assolutamente nuovo. Nel football che si giocava allora non esistevano regole codificate e accettate da tutti i club, e in alcune scuole era ammesso farlo. Ciò che invece fino a quel momento non si era mai visto era un giocatore che si mettesse a correre con il pallone tra le mani per andarlo a depositare oltre la linea di fondo campo.

Dunque, almeno per la leggenda, il rugby sarebbe nato in quel preciso momento ma, come spesso accade, solo parecchio tempo dopo, era il 1895, si ebbe coscienza di quello che Webb Ellis aveva “creato” (la famiglia di William si era da poco trasferita a Rugby e sul momento fu visto come il bizzarro gesto di un ragazzo che non si era ancora ben ambientato in città), quando, cioè, fu ritrovata una lettera nella quale si raccontava l’episodio.

Nel frattempo nella scuola di Rugby si era continuato a giocare a football, ma con il tempo l’uso delle mani era diventato predominante. Questa trasformazione era avvenuta perché, come detto, le regole di quel gioco non erano ancora state codificate e accettate da tutti, e pertanto ogni scuola aveva il suo football e, addirittura, di anno in anno anche alcune regole venivano modificate.

Il 7 settembre 1846, però, fu redatto da alcuni studenti il primo codice che mise finalmente per iscritto le regole del nuovo sport che fu chiamato, per la verità senza molta fantasia, Rugby Football. Tra queste, si stabilì che il pallone avesse una forma ovale. Sul perché si scelse l’ovale al posto del tondo le fonti sono concordi: fin dal 1800, a fornire i palloni alla scuola di Rugby, vesciche di maiale rivestite di cuoio e riempite di paglia o fieno, era l’artigiano William Gilbert. Si continuò con lo stesso fornitore e siccome le vesciche avevano di per sé una forma ovaloide, si pensò di mantenere quella forma, anche perché un pallone ovale si poteva tenere più facilmente in mano.

Non tutte le scuole, però, fecero proprie le regole di Rugby. In pratica ciascuno continuò a fare come più gli garbava. Ma il 26 settembre 1863, per mettere ordine alle cose, un gruppo di club e di scuole inglesi si riunirono e, di comune accordo, decisero di continuare seguendo le regole codificate a Cambridge. Fu quello l’atto costitutivo della Football Association, l’associazione da cui sarebbe nato quello che tutti adesso conosciamo come “calcio”. Gli altri club, invece, continuarono a giocare con le regole di Rugby e nel 1871 si organizzarono nella Rugby Football Union. Tra le novità introdotte al momento della nascita di quest’ultima associazione ci fu la limitazione della violenza che fino ad allora aveva caratterizzato quello sport (ad esempio fu abolita l’halleluja, né più e né meno un qualcosa che prendeva il via negli ultimi minuti della partita e che somigliava una gigantesca zuffa) e la decisione di ridurre a quindici il numero di giocatori che ogni squadra poteva schierare.

Si trattava, evidentemente, ancora di un protorugby. I primi a dare una svolta al gioco, introducendo la novità che avrebbe poi caratterizzato il nostro sport, furono gli studenti di Oxford che, con il loro “gioco alla mano”, riuscirono a vincere per quattro anni consecutivi, dal 1881 al 1884, la tradizionale sfida con i colleghi di Cambridge. Insomma, il rugby, che in origine somigliava più che altro a una battaglia, si stava pian piano trasformando in un sport, praticato al sud dall’aristocrazia inglese e al nord da operai e minatori, nel quale venivano premiati la lealtà e il coraggio fisico.

Ma proprio la suddivisione geografica, e la diversa estrazione sociale dei giocatori, portò, nel 1895, a un’ulteriore scissione: alcuni club del nord, accusati di professionismo, si separarono dal Rugby Football Union per fondare la Northern Rugby Football Union, poi divenuta Rugby Football League. L’accusa di professionismo nasceva dal fatto che i giocatori delle squadre del nord, essendo in maggioranza lavoratori, quando giocavano ricevevano una sorta di rimborso spese che andava a compensare il salario perso per l’assenza al lavoro.

Oggi il rugby tout court è quello che conosciamo noi italiani, quello che si gioca a 15, quello del Torneo delle Sei Nazioni, quello degli All Blacks, quello che è diffuso più o meno in tutto il mondo. L’altro, invece, viene chiamato Rugby a 13 (dal numero di giocatori schierati da ogni squadra) o Rugby League, e si gioca soprattutto in alcune zone dell’Inghilterra, dell’Australia, della Nuova Zelanda e della Francia.

A portare il rugby in Italia, nel 1893, è la comunità inglese di stanza a Genova. Ma la prima partita di cui si ha invece notizia si disputa a Torino e vede affrontarsi il Racing Club Parigi e il Servette Ginevra. Per un match giocato da una squadra italiana si deve aspettare il 2 aprile 1911 quando, a Milano, si incontrano l’U.S. Milanese e i francesi del Voiron. Ma è solo a partire dal 1927 che si inizia a giocare con regolarità. Il 25 luglio si costituisce un “comitato di propaganda” che, il 28 settembre dell’anno dopo, si trasforma nella Fir, Federazione Italiana Rugby.

Il primo campionato ufficiale si disputa nel 1929 e vi prendono parte sei squadre. A vincerlo è l’Ambrosiana Milano. Sempre quell’anno, il 20 maggio, la Nazionale italiana gioca con la Spagna la sua prima partita internazionale, perdendola per 9 a 0.

Milano e Roma sono i due più importanti centri rugbistici italiani a cui, dopo la seconda guerra mondiale, si uniscono anche Bologna, Brescia, Genova, Napoli, Padova, Parma, Rovigo, Torino e Treviso.

Quasi 150 anni dopo l’invenzione del rugby, lo sport con la palla ovale arriva a Ragusa.

(Brano tratto dal libro “Ragusa rugby, genesi di una passione” di Meno Occhipinti, Operaincerta editore, 2017)